Arte e Filosofia
edited by Amedeo Sanzone

Ogni
opera d'arte è composta da materiali in cui si trasferiscono le
idee e si incorporano le immagini, attraverso specifici procedimenti
esecutivi. Anzi, nell'arte contemporanea, spesso sono gli stessi
materiali a costituire un linguaggio, a farsi cioè espressione della
soggettività artistica, l'originalità e autenticità è
sostanzialmente legata ai materiali.
Ma parlare di materiale significa parlare anche di materia e parlare di materia significa parlare anche di forma, due concetti questi su cui si è interrogata sin dalle origini la filosofia e che sono propri del fare artistico e che trovano la loro più alta espressione nella figura platonica del demiurgo, «artefice e padre dell'universo», Secondo Platone il Demiurgo in qualche misura vivifica la materia, dandole forma e ordine, e la rende anima del cosmo, e alla figura dell' demiurgo possiamo naturalmente accostare la figura dell'artista, il quale proprio come il demiurgo conferisce forma, immagine alla materia. Accostamento tra il demiurgo e la figura dell'artista, tra la filosofia e l'arte, che resta un legame inscindibile e una delle chiavi di lettura più pertinenti dell'operare artistico. Un legame inscindibile che ha nei prigioni di Michelangelo la loro manifestazione più alta. Infatti i prigioni di Michelangelo rappresentano la perfetta integrazione tra arte e filosofia, nella misura in cui attraverso la scultura si è espressa tutta la concezione neo platonica del corpo inteso come prigione dell'anima.
Esplicitazione di un legame che per molti aspetti diventa necessario nell' arte contemporanea. Infatti, l'avvento delle avanguardie storiche nel primo 900, porta a termine un processo di scomposizione dell'immagine, che inizia nella seconda metà dell'ottocento in seguito e, come naturale conseguenza, alla nascita della macchina fotografica, che permette la riproduzione della realtà con strumenti tecnici pressoché perfetti. Ciò toglie decisamente alla pittura uno dei suoi scopi ritenuti specifici: quello di riprodurre in immagini la realtà. In tal senso l'arte moderna non ha più interesse a «rappresentare» ciò che ci circonda. Pertanto, nell'approccio all'arte contemporanea, non bisogna mai porsi l'interrogativo, guardando un'opera d'arte, di cosa essa rappresenti, ma cosa essa comunichi.
Con l'avvento delle avanguardie storiche, dunque, l'arte un tempo riproduttiva diviene creatrice, si rifiuta la tradizione figurativa e si cerca di sviluppare linguaggi artistici autonomi rispetto all'apparenza visibile della realtà. La forma appare liberata da ogni legame con la nozione di immagine, che implica la rappresentazione di un oggetto, e soprattutto con quella di segno. Il segno significa, mentre la forma si significa.
Da qui la necessità di un approccio filosofico a quella che è l'arte del 900 a partire dal cubismo di Picasso, perche se è vero che Cezanne in una lettera del 1904 scriveva che bisognava trattare la natura attraverso il cilindro, la sfera, il cono è altrettanto vero che il cubismo risente fortemente dell'atmosfera culturale dell'epoca. Nel 1905 Albert Einstein pubblicava la teoria della relatività ristretta, mettendo in discussione la concezione classica della dimensione spazio- temporale e negli stessi anni il filosofo francese Henry Bergson formulava la propria riflessione sul tempo, attaccando frontalmente il concetto di un tempo oggettivo, inteso come mera successione di attimi distinti gli uni dagli altri e disposti ordinatamente lungo una retta, con un concetto di tempo inteso come durata, ovverosia soggettivando la dimensione spazio-temporale. Il tempo percepito dallo spirito non coincide con quello misurato dai fisici. La coscienza percepisce il tempo come durata, come dimensione fluida, ovvero la coscienza vive il presente prolungandosi in parte nel passato e in parte nel futuro, vive il presente abbracciando l'immediato passato e l'immediato futuro.

Pablo Picasso, Les Demoiselles d'Avignon - Olio su tela, 1906-1907, cm 243,9x233,7 - MoMA, New York.
Nel quadro cubista l'oggetto è analizzato da diversi punti di vista, come da uno spettatore che si muova attorno ad esso, l'oggetto non è più osservato da un unico punto di vista frontale come accadeva in precedenza, non è più una finestra aperta su di un paesaggio, bensì dello stesso oggetto si possono avere più punti di vista proprio perché ci possiamo girare intorno.
Questa dimensione del tempo intesa come durata, come dimensione fluida della coscienza la ritroviamo anche in letteratura in una delle opere più importanti del 900: Alla ricerca del tempo perduto, di Marcel Proust. In quanto la dimensione fluida del tempo propria della coscienza, attraverso la memoria involontaria permette non solo di ricordare il passato, ma di riviverlo e di recuperarlo nella sua pienezza e autenticità. È la vittoria della memoria sul tempo.
Così come dobbiamo mettere la nascita della metafisica di Giorgio De Chirico prima e del surrealismo di Andrè Breton dopo, in relazione con la nascita della psicoanalisi di Sigmund Freud, la cui data di inizio coincide naturalmente con la pubblicazione della interpretazione dei sogni nel 1899. In quanto entrambi i movimenti artistici sottostanno a quelle che sono le leggi che regolano i sogni, ovvero ai concetti di spostamento, condensazione, sublimazione, censura. Nei loro lavori l'inconscio emerge con forza prepotente, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione e al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale.
Lo stesso approccio bisogna averlo nei confronti del suprematismo di Malevich, alla cui base oltre ad esserci la pittura popolare russa vi è una visione nichilista della società, da un lato c'è la volontà sì di annullare, azzerare, sopprimere la forma, ma dall'altro lato e nello stesso tempo la volontà di sopprimere una società dominata dal regime zarista per l'avvento di una società fondata su di un regime rispettoso dei diritti umani. Per Malevic il quadrato nero, suo emblema costante, è «lo zero della forma» perché esprime l'assoluto, l'infinito e la trascendenza.

Kazimir Severinovič Malevič, Quadrato nero - 1915, olio su lino, 79.5 x 79.5 cm - Galleria Tret'jakov, Mosca
Concetti di universalità che ritroviamo anche nell' astrattismo di Mondrian, la cui opera è permeata da una visione teosofica del mondo. L'opera d'arte non doveva rappresentare alcunché ma costituire un momento di contatto tra l'uomo e l'universo tendente al superamento di ogni naturalismo o accidentalità in funzione di una restaurazione dell'armonia, dell'immobilità e della quiete perdute. Attraverso la riduzione geometrica in orizzontale e verticale e con l'uso dei tre soli colori primari, Mondrian schematizzò le composizioni con linee e spazi geometrici rettangolari che rappresentavano appunto le dimensioni essenziali di tutto il creato. Egli giunse così ad un'arte che approdava ad un'espressione volutamente impersonale, in una risoluzione degli opposti nell'intento di una ricomposizione dell'armonia cosmica.
Mentre all'opera di Kandinsky bisogna accostarsi sulla base di una dimensione musicale, il pittore russo vede nella musica quell'arte che, per eccellenza, è riuscita a rendere manifesto il proprio contenuto interiore: la musica serve dunque alla pittura come modello da seguire per un radicale rinnovamento in direzione dell'interiorità. Kandinsky comprende la valenza musicale del colore e l'importanza del rapporto fra musica e pittura. Ovvero la sua pittura è da intendersi come la traduzione percettiva di fatti musicali in elementi pittorici. Nelle opere di Kandinsky l'armonia dei colori corrisponde a quella dei suoni musicali. «l'arte non rappresenta il visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è». Così come l'informale è da porsi in rapporto all'esistenzialismo, il cui sentimento di angoscia che rappresenta uno dei concetti fondamentali della propria tematica lo ritroviamo nel gesto, nei tagli, nelle bruciature che caratterizzano la corrente del secondo dopoguerra.

Donald Judd, Senza Titolo - Alluminio, acciaio e acrilico, 1961 - 229 × 1016 × 787. - Tate Gallery, Londra
Con l'informale arriviamo direttamente ai nostri giorni con l'arte concettuale e la minimal art, centrale in queste poetiche da un punto di vista strettamente filosofico è naturalmente il concetto, l'idea platonica di perfezione, tutto è stabilito in anticipo e, quindi l'esecuzione materiale dell'opera è una pura faccenda meccanica. È l'idea a produrre l'arte. Il processo si esplica attraverso un pensiero che si compie per sottrazione fino ad arrivare, appunto, ad un prodotto artistico che si identifica così con la sua struttura. l'oggetto minimalista si presenta come il soggetto dell'arte.
Ciò che in realtà conta è la forma, la superficie, l'andamento, lo spessore, la dimensione.
La produzione minimalista si caratterizza per grandi strutture tridimensionali, realizzate in forma di geometria assoluta, spesso metalliche a tinte unite, unite secondo criteri di asettica composizione, il fine non è il godimento estetico bensì l'attività del pensiero.
Questo processo teso alla essenzialità dell'arte, a una idea di assoluto, di purezza elementare, è ben rappresentato in pittura dal monocromo. Con il Monocromo l'essenza dell'arte è completamente svelata, si giunge al grado zero dei codici espressivi. Qui la dimensione spazio-temporale si ferma, si blocca per poi protendendosi verso l'infinito, è l'intero cammino della storia dell'arte, è la complessità di un pensiero che nella semplicità di un colore monocromatico trova la sua espressione più alta.
Note:
Copertina - photo courtesy Claudio Lombardi