Francesca Gagliardi
edited by Azzurra Immediato with Marco Tagliafierro

Explorations - Beyond the Borders si spinge in direzioni non sempre ovvie e, nelle sue peregrinazioni mi invita a guardare intorno non già e non solo oltre i confini geografici ed artistici ma anche oltre quelle che sono le cortine di ferro che talune narrazioni desiderano definire. La spinta, questa volta, è plurima ed è nata sulla scia di una interessante discussione intrapresa con Marco Tagliafierro al quale ho chiesto di contribuire a questo articolo, intervistando, per Ottica Contemporanea, Francesca Gagliardi, artista e scultrice italiana la quale, 'oltre confine' vive e crea, in India in particolare, il cui influsso si rivela in alcuni dettagli ma non solo e che nella propria indagine si inabissa ed interroga il ruolo dell'eterno femminino nel nostro tempo, sia attraverso il segno e l'allegoria, dalla mitologia al presente, sia mediante un approfondito studio sulla psicologia junghiana che traduce in gesto artistico. La questione dei confini, inoltre, torna in modo coincidente, poiché Francesca Gagliardi, nel mese di luglio 2020 è stata protagonista di una residenza artistica ad Ascona, in Svizzera, il cui lavoro è diventato oggetto della mostra 'Il più vicino possibile' al Museo Tornielli di Ameno (No) visibile sino al 13 settembre.
Una delle sue ricerche peculiari investe la scultura in foggia altera, ovvero realizzata a partire dallo studio dei maṇḍala che configurano lo spazio attorno ad un centro sacro e che, la Gagliardi, ha trasposto in maniera personale in quelli che, come l'opera Egida, in pelle bianca, sono denominati dall'artista 'Scudi'. Leggendo l'intervista che segue, scopriremo, insieme, la poetica di Francesca Gagliardi, in grado di unire filosoficamente e tangibilmente, mondi così lontani eppure straordinari.
Marco Tagliafierro: Le tue sculture paiono esprimere un valore apotropaico, sei d'accordo?
Francesca Gagliardi: Sicuramente, penso che il termine apotropaico in tutte le sue sfumature tocchi dei punti fondamentali per la lettura del mio lavoro, che altro non è che una ricerca autobiografica, intima e reale. Già dalla scelta del titolo, le opere "Scudi" e "Amuleti" giocano proprio sul significato di protezione, sculture che condividono la comunanza dell' allontanamento da un qualcosa, intesa come un "tenere a distanza". Atto di protezione che è nell'istinto primordiale dell'essere umano. Da cosa ci proteggiamo? Lo scudo copre, lo scudo scopre, siamo noi a decidere. Protezione del proprio corpo e del proprio spirito come in un' unità. Allontanamento del dolore. Il significato psicologico di questo bisogno di prendere le distanze da qualcosa, in modo conscio o inconscio, si rifà a meccanismi di fuga dal pericolo presunto. La scultura Mandala, che in sanscrito significa cerchio, è l'impronta di un centrino realizzato in bronzo, uno "scudo messo a terra". Il titolo nasce da un'incontro con una donna indiana, a Jaipur nel 2015, tutte le mattine disegnava un mandala in gesso davanti a casa. Alla mia domanda: "Cosa significa?"mi rispose: "Serve a proteggere la casa, la mia famiglia". Ho capito quello che, inconsciamente, stavo facendo, stavo compiendo lo stesso gesto solo con simboli a noi contemporanei. Qualcosa di così archetipo. Riccardo Bernardini scriveva: "La comparsa spontanea del simbolismo mandalico in sogni, visioni o creazioni artistiche, spesso in casi di confusione o di disorientamento psicologico, può essere letta secondo Jung come un "tentativo di guarigione da parte della natura stessa": un tentativo che non origina però da una riflessione cosciente , ma da un "impulso istintivo"...."

M.T. Qual è l'enigma che portano in se nell'essere ossimori fisici, concretizzati?
F.G. Fin da subito mi sono trovata a lavorare sugli opposti, sia come significato che come materia. Anche questo è avvenuto in modo istintivo, nel tempo poi mi si è rivelato e ne ho preso coscienza. La ricerca era sempre di trovare un equilibrio, mi spingo sempre giocando sui limiti della materia e del suo significato, un oscillamento, come in una danza dove il corpo può sfiorare i limiti opposti, ma pronto poi a tornare indietro se non sono nella direzione che voglio ottenere. Ricerco una sensazione, totalmente di pancia. Come capire che l'opera è finita? E' la pancia che me lo dice...si placa. Mi sono così accorta che il significato "vero" dell'opera appare partendo dagli opposti, la ricerca dello - ying e yang - in ogni oggetto, le due polarità energetiche necessarie entrambe ad una ricerca di equilibrio. Non può esistere l'una senza l'altra. Nasce così "Je m'oublie oublie-moi," già dal titolo un ossimoro, una serie di trucchi e rossetti in cera e negli anni successivi realizzati in vetro sulle sfumature del rosso che si riflettono su specchio. L'oggetto stesso diventa un tutt'uno con il suo riflesso, con il suo opposto . Il guardare oltre, attraverso l'altrove per capirne il significato stesso. Un lavoro sulla seduzione, anch'esso un istinto primordiale che inevitabilmente mi ha portato alla ricerca del suo ossimoro con l'opera "Lance" o "Frecce" dove lo stesso simbolo, il rossetto appunto, attraverso il solo il cambiamento della materia, alluminio o bronzo, perde la proprietà seduttiva per ottenere quella di difesa. Diventano "armi di seduzione e di armi di difesa", che sono i temi principali della mia poetica, due istinti primari e necessari all'uomo per la continuità della specie. Altri ossimori importanti che ritornano sono Terra/Cielo e Maschile/Femminile.
M.T. Come esprimi formalmente la congiunzione tra maschile e femminile?
F.G. Se nelle opere descritte precedentemente il maschile e il femminile l'ho ritrovato attraverso due installazioni separate, negli "Scudi" si fondono insieme in un perfetto equilibrio. Il centrino simbolo di un lavoro manuale tramandato da generazione in generazione e di tradizione di un "femminile" grazie alla trasposizione sulla materia alluminio o bronzo acquista quella forza riconosciuta come stereotipo del "maschile". È la mia ricerca interiore, il maschile e femminile che è in ognuno di noi, l'Animus - Anima della teoria junghiana. Anche qui il bilanciamento delle due parti fa raggiungere quell'equilibrio interiore che si ricerca per diventare "essere umano" nella totalità. Di nuovo lo stesso concetto torna in dittico scultoreo, dal titolo esplicito "Animus /Anima" dove un piccolo scudo di pasta di vetro con l'impronta di un pizzo rappresenta l'Animus, la parte maschile all'interno della figura femminile, mentre il calco di una bottiglia di profumo simbolicamente sprigiona l'Anima che è il femminile nella figura maschile. Sempre attraverso la cultura indiana, ritrovo le spiegazioni di quello che vado a cercare, non potevo non rimanere attratta dai due simboli sacri Lingam e Yoni, simboli sessuali della rappresentazione del Dio (il maschile) e della Dea (il femminile), per antonomasia, di nuovo attraverso i due opposti si raggiunge l'unità. Il rossetto, simbolo di seduzione femminile rappresentato in marmo di Jaipur prende la forza e la valenza di un Lingam, piccoli scudi di forma ovoidale realizzati dall'impronta di piccoli centrini nati dalla combinazione di cere differenti dei toni dei rossi, danno la sensazione vellutata di piccole Yoni. E così procedo attraverso un linguaggio per metamorfosi dal significato alla materia.

M.T. Che quota di imponderabilità e di imprevisto porta in sé la tua perizia esecutiva?
F.G. Di sicuro il "luogo" che scelgo dove realizzare i miei lavori ha una forte influenza. Innanzitutto mi devo sentire a "casa". Lo stesso succede con le persone con cui lavoro, ci deve essere un' intesa, devo sapere che ci si capisce al di là delle parole. Le tecniche che utilizzo sono diverse, la ricerca del materiale è di fondamentale importanza per quello che voglio comunicare. Il vetro e la cera trasmettono fragilità e seduzione, i metalli forza e protezione. Mi appoggio a diversi Atelier, di incisione, di vetro, di ceramica e fonderie sia per l'alluminio che per il bronzo, tutti in città differenti. Sono tutte tecniche che potrei definire "alchemiche" dove l'imprevisto è di casa. Mi piace passare continuamente da una all'altra proprio come se l'esperienza precedente influisca su quella successiva, l'approccio alla tecnica rimane sempre nuovo e in continua ricerca. Nasco dal disegno e dall'incisione, alla scultura ci arrivo da autodidatta, questo mi permette un totale distacco senza cadere troppo nella visione accademica. Cerco di dar vita solo alle sensazioni che sono in me. Seguendo sempre tutto il procedimento di realizzazione, succede spesso che il lavoro subisca dei cambiamenti durante il processo. Arrivo sempre con un' intento, quello è fondamentale, ma da ogni difficoltà o errore nasce sempre un' intuizione nuova. A volte e il lavoro che mi porta più in là, come se avesse una vita propria. I miei viaggi in India hanno sicuramente accentuato l'accettazione dell' imprevisto, sia nella vita come nel lavoro. L'incontro con Thomas Kovoor a Jaipur, nel 2009 è stato fondamentale, mi ha aperto le porte alla conoscenza dei metalli, grazie alla possibilità di passare dai due ai tre mesi in "residenza in fonderia". Gli scudi sono nati lì, negli anni successivi, pregni di quel luogo e di quella forza ancora arcaica, primitiva. L'impatto con l'India è stato violento e per questo indimenticabile. Si confonde la realtà con la fantasia e spesso si ha la sensazione di vivere in una favola per poi immediatamente ritrovarsi nella realtà più dura. È la patria degli "ossimori" e del "valore apotropaico", mi è sempre più chiaro il perché lì mi ritrovo, mi riconosco e così si sfiora di nuovo il punto di partenza come in un cerchio che si forma, per continuare attraverso il moto nello spazio sempre da diversi punti di vista.
Ringraziando Marco Tagliafierro per il suo contributo e Francesca Gagliardi per averci raccontato il suo mondo e le valenze attorno alle quali ruota la sua poetica, l'universo "degli ossimori e del valore apotropaico", desidero condividere con il lettore alcune riflessioni autografe dell'artista riguardanti l'opera Egida e, in generale, i suoi 'Scudi':
"L'egida usata da Atena è uno scudo magico in pelle di capra, donatale dal padre Zeus. Nel lessico quotidiano égida significa "protezione, difesa, riparo".
Lo scudo è simbolo di forza, difesa e protezione - stereotipo maschile - ed ha un significato opposto al centrino che rappresenta una parte intima e fragile - feticcio dello stereotipo femminile - .
Rappresento Il maschile e il femminile che è in ognuno di noi, l' Animus /Anima junghiano.
Il materiale stesso ha un suo linguaggio e trasmette delle emozioni che vanno ad interagire con il senso dell'opera.
Lo scudo copre, lo scudo scopre."
***
In foto:
Francesca Gagliardi, courtesy l'artista
Francesca Gagliardi, Egida (scudo), dalla serie Scudi, pelle bianca, ø cm 19, 2015 - Opera selezionata da @artbite_project di Nicoletta Rusconi, Ph. Pier Maulini
Francesca Gagliardi, Mandala,dalla serie Scudi, bronzo, cm 12x100x90, 2017, Ph. Marco Del Comune