Francesco Garofano
edited by Azzurra Immediato

Explorations - Beyond the Borders, oggi incontra un giovane fotografo, Francesco Garofano, campano ma cittadino del mondo, un sognatore che, come direbbe Flaiano, 'con i piedi fortemente appoggiati sulle nuvole' da dove poter scorgere le meraviglie dell'ignoto, guidato dallo stupor mundi. Per Ottica Contemporanea gli abbiamo posto alcune domande che, in verità aprono a mondi lontani, dischiudono visioni e ampliano prospettive ...
Azzurra Immediato: Francesco, sei un giovane adulto che ha scelto di seguire la libertà, andando controvento e abbattendo ogni tipo di confine, testimoniando spesso questo tuo continuo peregrinare attraverso parole e, soprattutto, attraverso la fotografia. Quando e perché hai deciso che la vita dell'entroterra campano era una sorta di gabbia per te?
Francesco Garofano: Ho amato ed amo l'entroterra campano alla follia, mi piacciono le sue campagne, l'ospitalità della gente, le sue montagne i sapori e l'odore dell'aria. Mi piace la luce che accarezza e descrive, mi piace camminare e ogni volta che ritorno scopro nuove miniere di bellezza ma se non fossi partito non avrei capito tutto ciò. Effettivamente come dici tu Azzurra, ad un certo punto, l'entroterra campano, mi è stato stretto, quasi asfissiante, forse anche per la mia età. Avevo 17 anni e facevo il quarto superiore al Liceo Scientifico del mio paese, Guardia Sanframondi (Bn). Con il circolo Arci locale, in estate si organizzava un festival bellissimo, "Six Day Sonic Madness", il paese si riempiva di giovani, appassionati di Indie Rock. Erano i giorni più belli dell'anno, per me. Si conoscevano persone nuove, le possibilità erano infinite rispetto a quelle offerte da un paesino, che piano piano si stava spopolando e l'età media cresceva costantemente, per non parlare del numero di tossicodipendenti, ufficiali e non, che cominciava ad essere veramente alto. L'immaginazione, nei giorni del festival, volava libera senza alcun confine, e forse li ho capito che dovevo partire. Non era giusto che quel momento cosi bello durasse cosi poco e sopratutto non ce la facevo più ad ascoltare politicanti e non, che costantemente criticavano l'organizzazione del festival e consigliavano e consigliavano, senza far niente, assolutamente niente nella pratica. Insomma mi stavano e mi restano stretti ed antipatici i "tuttologi Italiani che non muovono un dito ne si prendono una responsabilità ma parlano e parlano ...". Molti amici erano già partiti e la loro mancanza mi spronava ad andare. Volevo vedere il mondo, non più leggere, né sentire storie, né vedere foto e video né documentari impressionanti. Volevo vederlo con i miei occhi, fotografarlo, prendendomi i miei rischi e raccogliendo i frutti dei sogni, quando maturi. Quindi sono volato a Londra, sembrava un buon punto d'inizio. Con l'autorizzazione scritta e firmata dai miei genitori per lavorare, mi è sempre piaciuto essere autonomo economicamente per non dipendere né pesare sulla vita di nessuno. Non parlavo una parola in inglese e mi ricordo di essere partito con un'agenzia italiana che diceva di trovarti casa e lavoro a Londra. Insomma al mio arrivo, la casa c'era, ma per tre mesi ho vissuto in una stanza con altre sei persone. Il lavoro che ho trovato tramite l'agenzia, mi ha aiutato a tirare avanti ma la paga era bassa ed il ristorante italiano. Per quanto un lavoro è sempre un lavoro, praticavo solo l'italiano ed un poco di albanese. Non mi sono lamentato nemmeno una volta perché ho sempre pensato: "non ci sono problemi, solo soluzioni ...trova le tue e goditi il bello del momento".
Eravamo in 18 in casa ed io passavo le mie giornate tra lavoro e casa, sono uscito due volte quell'estate. La matematica non è un opinione, non c'erano fondi per uscire se non volevo domandare niente a nessuno. La casa per quanto era affollata somigliava ad un grande ostello, anche se dopo aver rotto il ghiaccio con gli altri coinquilini, diventò tutto bellissimo. Affollata a qualsiasi ora del giorno e della notte, c'era sempre tempo per scambiare due chiacchiere con qualcuno: se stavi in corridoio, bagno o salone, si parlava una lingua o un'altra, finalmente parlare l'inglese aveva un senso e addirittura era bello e si aperte prospettive che nemmeno pensavo esistessero. A fine estate sono ritornato a fare l'ultimo anno di superiori e dopo tre giorni dalla fine dell'esame di Stato sono volato di nuovo a Londra... In quei mesi il viaggio ha cominciato ad essere il mio motivo di vita, da li non ho più smesso di cercare il diverso ed il nuovo.

Azzurra Immediato: Oltre a non avere confini, il mondo sembra non avere più segreti per te. Mediante i tuoi numerosi reportages hai raccontato aspetti di società, popoli e culture molto lontani da noi e, in special modo, dalla 'coscienza occidentale'. C'è qualcosa che non dimenticherai mai più?
Francesco Garofano: L'Europa è bella ma il mondo è bellissimo. Viaggiare fuori dall'Europa mi ha fatto capire che tutto è relativo. Ci vuole tempo per capire, bisogna aprirsi, bisogna farlo con passione, ascoltare, vedere, capire, prima di parlare o scattare una foto. Quello che tu puoi dare per scontato, non lo è per molti altri e bisogna rispettarlo non giudicarlo. La storia ufficiale che studiamo in Europa non è la stessa per il resto del mondo. Per fare un esempio, la scoperta dell'America, o meglio come a noi europei piace descrivere l'arrivo di Colombo in America, non è che sia stato qualcosa di bello per le popolazioni native dell'America. Li abbiamo ammazzati quasi tutti tra malattie nuove che ci siamo portati dietro e colonizzazione, per non parlare di tutte le risorse che abbiamo sottratto con violenza ed inganno. Siamo poi sicuri che Colombo fu il primo ad arrivare in America? Io sono rimasto impressionato dalla somiglianza somatica delle popolazioni dell'Oceano Pacifico con i nativi sudamericani. Dal mio punto di vista i navigatori del Pacifico erano arrivati molto prima di Colombo in America, anche perché vivendo su isole piccolissime erano degli ottimi navigatori. Come si dice, la storia la scrivono i vincitori, per carità, ma qualche domanda è sempre lecito farsela. C`è qualcosa che non dimenticherò mai: la solidarietà delle persone, ovunque nel mondo, di qualsiasi nazionalità e colore di pelle esse siano. Quando questa solidarietà è disinteressata diventa poesia e ti fa credere veramente in un futuro migliore. La stessa vita diventa magia pura. Ho viaggiato molto in autostop, una volta sono arrivato fino a Dakar partendo dal Sud della Francia. A suo tempo i miei eroi erano i camionisti portoghesi e polacchi, gli unici che non tiravano fuori la scusa dell'assicurazione che non avrebbe coperto i danni in caso ci fosse stato un'altra persona nell'abitacolo al momento dell'incidente. I portoghesi ed i polacchi avevano la stessa assicurazione, semplicemente pensavano che avendo una persona a lato che gli parlasse tutto il tempo, non avrebbero di certo fatto un incidente. Il bicchiere si può vedere sempre mezzo pieno o mezzo vuoto. Non dimenticherò mai tutti i miei amici poveri, soprattutto i miei amici senegalesi e marocchini che vivendo in vere e proprie baracche mi invitavano a mangiare costantemente a casa loro. Come tradizione, per chi non lo sapesse, il pranzo è servito in un unico piatto che si posiziona al centro del tavolo o a terra e poi con le mani ognuno comincia a mangiare. La cosa incredibile è che ogni volta che tra il riso faceva capolino un pezzo di pesce o di carne appena trovato lo offrivano a me, portandolo dalla mia parte del piatto per far sì che io mangiassi le parti migliori, inutile tentare di rinunciare, si offendevano. Molti di loro mangiavano una vota al giorno. Non riesco a capire come l'Europa possa chiudere le porte a queste persone è un controsenso immenso: sarebbero le persone giuste, capaci di fare questa Europa migliore; per me l'Europa non ha futuro senza di loro.

Azzurra Immediato: Stringendo il focus sulla tua ricerca video e fotografica, c'è un filo conduttore che segui o, di volta in volta, è la storia che la vita ti pone davanti agli occhi a darti suggerimenti? In che modo, poi, riesci ad entrare in simbiosi con le persone che diventano protagoniste dei tuoi reportages?
Francesco Garofano: Azzurra mi piacerebbe risponderti che ognuno dei miei reportage sia frutto di una progettazione e uno studio a priori ma non è sempre stato così. Mi spiego: la mia prima macchinetta fotografica l'ho ricevuta grazie all'acquisto di concimi e materiali per l'agricoltura che mio nonno faceva per gestire i vigneti e oliveti, una delle marche di questi materiali, regalava delle piccole macchinette, avevano una forma cilindrica particolarissima. Ero piccolo, avrò avuto 12 anni e li ho cominciato a fotografare le galline del pollaio, i cani che gironzolavano per casa. Il problema era che ero ossessionato, molte foto si somigliavano tra loro e costava farle sviluppare ed anche i rullini essendo di forma particolare era un po' difficile trovarli. Quindi, dopo un inizio appassionante, ho dovuto ridimensionare la mia voglia di fotografare. Con il passare degli anni ho avuto varie macchinette ma tutte recuperate da qualcuno che non le usava o che me la prestava. Prima di partire per il mio primo viaggio oltre oceano, lavoravo in un bar di Londra e ho trovato una macchinetta Fuji compatta in un lago di birra, i miei colleghi l'avevano data per spacciata. Non pensavo avesse possibilità di sopravvivere ma una volta portata a casa ho scoperto che era resistente all'acqua e quindi me la sono portata in viaggio in Brasile. Lì ho cominciato a fotografare costantemente. Lo scopo di tornare a casa era principalmente legato al fatto di sedermi o stendermi sul letto e guardare gli scatti della giornata, cercando di migliorarmi ogni giorno. Cominciavo ad avere i miei idoli fotografici e provavo a scattare, tenendo in mente le loro foto, ma con una compatta avevo i miei limiti. Dovevo recuperare una reflex in qualche modo e fu mio Zio che me ne regalò una poco prima che partissi per il Senegal in autostop, una 40D Canon, e chi se la scorda! Aveva il sensore sporco e tutte le mie foto di quegli anni hanno puntini neri qua e la ma era bellissimo fotografare, scegliere il tempo di scatto, il diaframma, l' iso, addirittura cambiare la lente. È stata la mia rivoluzione fotografica, mi sentivo un fotografo. Dovevo affinare la tecnica e trovare qualcuno che mi pulisse il sensore ma il mezzo c'era e funzionava bene. Arrivato a Capo Verde, con una barca a vela senza motore, comprata per due spicci con altri due amici in Senegal, decisi che il mondo della ristorazione non faceva più per me e mi sarei trovato un lavoro come fotografo. Dopo due mesi lavoravo per un'agenzia fotografica locale che offriva book fotografici ai turisti giunti sull'isola di Sal. Ho seguito per 5 mesi gruppi di turisti che visitavano l'isola, come fotografo ufficiale, con tanto di maglietta e logo e la sera la passavo a masterizzare cd e consegnarli nei vari hotel dove i turisti risiedevano. Mi piacerebbe un giorno pubblicare un progetto fotografico, ripescando foto da quell'archivio ... Solo dopo essere tornato in Europa, 1 anno e mezzo più tardi, ho deciso di studiare fotografia alla GrisArt di Barcelona, dove ho passato due anni con professori storici, come Rafa Badia, Israel Ariño, Marcelo Isarrualde, con cui ho cominciato a pianificare e studiare con precisione i miei progetti fotografici. Subito dopo la scuola di fotografia è nato il progetto "Lo que el infierno no es" sul quartiere di Barcelona del Raval. Adesso cerco di studiare ed informarmi il più possibile riguardo i temi che voglio fotografare, mi faccio una scaletta di priorità, comincio a fotografare, stampo le foto utili in piccola dimensione per averle fisicamente davanti. Ricerco i lavori degli altri fotografi che hanno lavorato sullo stesso tema. Vedo dove sono arrivati loro e cerco di andare un po' più in la. Sistemo le foto su un muro bianco o le attacco ad un filo con le mollette per i panni, cerco di convivere con loro, vedere quale funzionano di più, qual è la sequenza giusta. Le faccio vedere a colleghi, amici, familiari, ascolto i loro punti di vista. Mi interessano molto le impressioni di chi è fuori dal mondo della fotografia e cosi più o meno che prendono forma i miei reportage. Direi che sono in una fase intermedia: da un lato cerco di organizzarmi il più possibile, dall'altro lato, in caso un imprevisto mi porta a scoprire qualcosa di nuovo e possibilmente interessante, non lo scarto, anzi, cerco di approfondirlo il più possibile in poco tempo e capire se ne vale la pena tenerlo e valorizzarlo. Per quanto riguarda l'entrare in simbiosi con le persone che fotografo, non ho mai avuto grossi problemi. Riesco a comunicare abbastanza bene in cinque lingue, ne capisco sette, è non importa se talvolta devo anche usare gesti per spiegarmi, nonostante forse mi rendano ridicolo alle volte! Porto sempre dietro delle mie foto stampate per far capire un po' il mio lavoro ed accetto di tutto. Persone loquaci, silenziose, violente, pacifiste... dormo a terra, in barca, in camion, in case di montagna o in tenda al mare, foreste, boschi, pianure, su amache, panchine... mi sposto a piedi, a cavallo, in bicicletta... per me non cambia granché, l'importante è che possa fotografare liberamente.

Azzurra Immediato: Cosa vorresti fotografare che ancora non sei riuscito ad immortalare? E qual è il luogo che non hai ancora raggiunto ma che desideri rendere tappa del tuo viaggio di vita?
Francesco Garofano: Amo fotografare le persone, con luce naturale, con obiettivo 35 fisso, montato su un corpo macchina full frame. Mi piacerebbe fotografare l'Est Europa, ci stavo lavorando ma poi a metà dell'opera mi hanno rubato macchinetta fotografica e soprattutto la SD card con 24 GB di foto. Ritornerò a lavorarci. Mi piacerebbe, poi, lavorare con Medici Senza Frontiere in Medio Oriente. Sono pronto a fare tutti gli sforzi possibili ed immaginabili, dal mio punto di vista fotografico, per far sì che ci sia un giusto archivio fotografico che documenti il lavoro di questa associazione così importante e fondamentale nel mondo. Per quanto riguarda i viaggi un giorno sogno di arrivare nelle isole del Pacifico con una piccola barca a vela e spostarmi alla ricerca di storie che non riesco nemmeno ad immaginare oggi. Al momento mi manca un esame per la licenza nautica spagnola che mi autorizza a spostarmi liberamente, senza limite di miglia dalla costa, in giro per il mondo.
Azzurra Immediato: A cosa stai lavorando adesso? Progetti futuri?
Francesco Garofano: La cosa Azzurra è che non vivo economicamente solo di fotografia, faccio il falegname o ci provo nel mentre. Poco prima di Natale stavo lavorando agli interni in legno di una cooperativa di birra, vicino Valls, in Catalunya, quando si è presentato alla porta un gruppo di appassionati di Slackline, che cercava un posto per dormire. Dopo essermi fatto spiegare meglio in cosa consisteva la loro passione, li ho subito catalogati come un gruppo di "pazzi organizzati". La cooperativa di birra, fortunatamente, ha deciso di ospitarli tutti per qualche giorno e di li è nata la voglia di fotografarli. Li ho seguiti per vari giorni ed all'inizio non è stato facile, visto che soffro di vertigini, poi l'adrenalina ha avuto la meglio sulla paura di cadere e l'ultimo giorno con doppia imbragatura sono riuscito a scattare anche qualche foto a 70 metri di altezza, appeso con un moschettone ad un filo. Ad un certo punto mi sono domandato: "Che ci faccio qui?" ma normalmente questa domanda me la faccio quando qualcosa sta andando estremamente bene e quindi ho continuato. Li rivedrò presto e continuerò a fotografarli.
Inoltre, un progetto futuro che mi attira tantissimo ma per il Covid-19 ancora non sono riuscito ad iniziare, è quello di documentare, nel mio piccolo, il processo storico che sta vivendo il Cile. Una vera e propria rivoluzione popolare cominciata il 18 ottobre del 2019. Diciassette anni di dittatura atroce come quella di Pinochet, hanno lasciato il Paese nelle mani di poche famiglie. Dopo 30 anni di "Democrazia" la classe media e bassa non ce la fa più e vuole cambiare la costituzione ad ogni costo. Stanno succedendo cose gravissime, moltissima violenza e torture da parte della polizia, sono più di 400 le persone che hanno perso un occhio o entrambi per partecipare alle manifestazioni, tantissimi le ragazze ed i ragazzi arrestati, in attesa di processo. Penso che la stampa europea sia poco attenta a quello che sta succedendo in Cile, quindi mi piacerebbe approfondire sopratutto perché conosco bene il Paese e sono legato emotivamente a questa bellissima parte di mondo.
'L'Europa è bella ma il mondo è bellissimo' afferma Francesco Garofano. Conosco molto bene il suo entusiasmo, ben emerso dal fiume di parole attraverso cui si è presentato qui. Ho avuto modo di lavorare con Francesco in occasione di tre edizioni del festival VinArte ed il suo sguardo è contagioso, libero, forse ribelle, ma puro e onesto, privo di retorica e cosciente di cosa significhi "non avere il passaporto della parte ricca del mondo". Attraverso i suoi scatti, quelli uomini che noi chiamiamo 'ultimi' o 'disperati', ritrovano la forza di una dignità negata, di una umanità celata dietro alla superficie della nostra ipocrita 'civiltà'. Leggendo le sue parole - in una lingua che è meravigliosamente frammista di modi di dire italiani ormai legati ad espressioni di altri luoghi - e immaginando Francesco oggi in Spagna ma pronto a raggiungere altri luoghi del pianeta, comprendiamo quanto la fotografia ed i confini siano compatibili nella capacità della prima di eliminare i secondi. È forse così che dovremmo vivere, come suggerisce Garofano: metaforicamente sospesi su un orrido roccioso, con la consapevolezza di avere la libertà di scoprire tutto ciò che abbiamo paura di conoscere.

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In foto:
Francesco Garofano
Scatti dai suoi reportages e presentati in festival e mostre o ancora nel cassetto del futuro.
Ph © e courtesy Francesco Garofano per Ottica Contemporanea