OUTERMOST REGION | Intervista ad Anica Huck
OUTERMOST REGION | Intervista ad Anica Huck
Exploration | Beyond the Borders incontra l'artista Anica Huck, ospite di Curva Pura con il progetto Outermost Region, a cura di Nicoletta Provenzano.

Anica Huck, credits RUFA - Rome University of Fine Arts
Explorations | Beyond the Borders giunge oggi in uno spazio o meta spazio che si spinge oltre ogni confine, una sorta di ultraperiferia o, come afferma l'artista Anica Huck 'OUTERMOST REGION'. Definizione che ha anche dato il titolo alla personale di cui è stata protagonista nella galleria romana Curva Pura e che, con la sapiente curatela di Nicoletta Provenzano, ha accompagnato il pubblico dello spazio ideato da Andrea Romagnoli e Vittorio Beltrami per diverse settimane.
Explorations | Beyond the Borders, a poche ore dalla chiusura della mostra di Curva Pura ha raggiunto Anica Huck, cui ha posto alcuni quesiti.
Buona lettura

Outermost region - Anica Huck
Azzurra Immediato: OUTERMOST REGION è il titolo, enigmatico e misterico, della personale curata da Nicoletta Provenzano per Curva Pura, a Roma. Come è nato il tuo progetto e come si è sviluppato?
Anica
Huck: Il progetto nasce in un periodo
di transizione caratterizzato da una profonda ricerca di identità. Cambiamenti
professionali e personali hanno creato in me il desiderio di trovare un senso del
luogo in cui la soggettività, il sentimento o l'identità possono incontrarsi.
L'idea
dell'opera è nata proprio durante una visita medica, dove mi sono resa conto che le tecniche di osservazione utilizzate sul corpo
umano sono le stesse che ho impiegato io stessa durante la mia carriera
professionale nel monitoraggio ambientale. Da lì ho indagato la possibilità di
creare una topografia di identità temporanee e instabili, dove memorie, luoghi
e non luoghi si uniscono in un unico racconto.
Outermost region - Anica Huck | Curva Pura, Roma| Photo © Giorgio Benni
A.I.: In cosa consistono, secondo te, i concetti di confine, limite e appartenenza? Ed in che modo un'opera d'arte può definirne le caratteristiche?
A.I.: I linguaggi da te scelti, sperimentati ed utilizzati definiscono una serie di riflessioni e azioni che si riflettono nella materia, nel suo abitare lo spazio reale e nel dialogo intrapreso con le persone che incontrano le tue opere. In che maniera generi tale relazione?
Outermost region - Anica Huck | Curva Pura, Roma| Photo © Giorgio Benni
A.I.: OUTERMOST REGION, negli spazi di Curva Pura, ha portato in scena una peculiare performance. Puoi raccontarne ai lettori che non hanno avuto modo di prender parte all'azione?
A.H.: La performance nello spazio della galleria ha generato un allontanamento dall'affinità e una distanza dall'origine. Più concretamente, ho aperto un blocco di travertino utilizzando antichi attrezzi per la lavorazione del marmo. L'atto molto fisico, eppure tenero, di aprire un blocco di marmo ha sovrascritto il processo di sedimentazione all'interno del materiale e definito il tempo durante la durata della mostra. La tracciatura all'interno della pietra riflette sulla violenza dell'impossibilità della presenza, lasciando solo l'immagine residua di un momento iniziale.
A.I.: Ultraperiferico è, dunque, un luogo dell'immaginario o un non-luogo del mondo fisico?
Outermost region - Anica Huck | Curva Pura, Roma| Photo © Giorgio Benni
A.I.: Mediante luce e ombra hai attraversato dimensioni e profondità differenti; il corpo e la mente come reagiscono e come l'arte può aiutare le persone a percepire ed interpretare il mondo intorno a noi, nel suo mutamento continuo?
Outermost region - Anica Huck - Performance | Curva Pura, Roma| Photo © Giorgio Benni
Outermost Region, molto probabilmente, insegna oggi ad osservare, percepire, intendere lo spazio fisico, l'identità corporale che lo abita, la valenza filosofica, sociale, antropologica e politica che ne definisce il legame ma anche la lontananza. Attraverso il medium del corpo l'arte ristabilisce la naturale filiazione di dinamiche ancestrali che sembriamo aver dimenticato e, come sottolinea la curatrice Nicoletta Provenzano nel testo critico che ha accompagnato la mostra 'Corpo, immagine e materia sono territori di frontiere remote, riunite quali arcipelaghi di isole divenute dimensione simbolica sradicata da una unità continentale, insularità minime conformate ed inghiottite dal proprio abisso generativo, porzioni spaziali che segnano soggettività geografiche disorientanti, marcate come luoghi unitari, ma in sé situate al di fuori di un confine, a tratti sbiadito e precario: le regioni ultraperiferiche della personale di Anica Huck interrogano un tracciato melanconico e stratificato, in cui l'eco di profondità corporee sono trascrizioni di memorie, impossibilità ed inesistenza.'
Ecco, dunque, che, ringraziando Anica Huck per aver condiviso con Explorations | Beyond the Borders il suo punto di vista, ciò che resta, al di là della fascinazione, è la necessità - non apparente - di dover ripartire dalla costituzione di nuove ed inesplorate mappature soggettive ma in grado di traghettarci verso l'altro da noi, di poter tornare ad essere luogo condiviso e non più terra isolata priva di radici.
Ricostruire i confini come elemento corale e non più come fenomeno di impossibile coesistenza.
ANICA HUCK - CENNI AUTIOBIOGRAFICI
Sono nata in Germania orientale nel 1985 e ho sviluppato un interesse precoce per i paesaggi naturali e culturali in evoluzione. La mia ricerca artistica mira a indagare ciò che ci connette con lo spazio e come creiamo costantemente il nostro ambiente come un regno mentale, dove l'incontro è possibile, senza imporre uno stato statico. I miei lavori operano in una tradizione di belle arti che utilizza concettualmente metodi scientifici e fenomeni visivi. Le opere sono spesso transitorie e sottolineano l'esperienza del materiale trasformato, che permette di indagare le basi instabili su cui costruiamo la comprensione del nostro posto nel mondo.
La mia formazione nelle geoscienze e l'esperienza professionale nel settore aerospaziale hanno chiaramente influenzato la mia comprensione del nostro pianeta e delle sue rappresentazioni digitali. Attraverso l'interazione dell'osservatore con il suo ambiente utilizzando tecnologie sensoriali, invito il mio pubblico a pensare in modo diverso ai movimenti e ai cambiamenti di cui siamo testimoni nel nostro ambiente.
Nelle mie opere scultoree, dispongo i materiali quotidiani in configurazioni fenomenologiche. Il dialogo dinamico tra la tridimensionalità degli oggetti e lo spazio che li circonda è stabilito attraverso una riproposizione intuitiva degli oggetti. Questo amalgama sistemi complessi in un momento di esistenza, di presenza tangibile.
Cerco situazioni e luoghi dove l'interazione umana con l'ambiente si incarna in un gesto poetico. Come parte del processo, utilizzo tecniche di disegno e fotografia per descrivere e ricomporre strutture quotidiane su diverse scale temporali e spaziali.
La mia serie di performance è il risultato di un'ulteriore ricerca sul tempo e sulla scultura. Sono dedicate alla memoria come conoscenza incarnata e basate sul mio interesse per il costruzionismo sociale - lo sviluppo di comprensioni del mondo costruite insieme. Mentre la mia pratica artistica riconosce la corrispondenza percettiva con il mondo, che sottolinea l'impossibilità del significato originale e la necessità di creare costantemente il significato attraverso l'esperienza individuale (visiva).
La maggior parte delle mie opere ci permette di riposizionarci rispetto alla sobria qualità dei materiali (naturali). Oltre questo, indago le differenze tra il perfezionismo non umanistico, che sostiene che il mondo naturale è prezioso e avrebbe valore anche se non esistesse nessun essere umano, e le convinzioni perfezioniste che i grandi successi nell'arte e nella scienza hanno valore al di là di qualsiasi effetto che hanno sulle vite umane.
Come parte della mia pratica artistica, perseguo un esame critico delle questioni contemporanee, dalla politica climatica alla digitalizzazione. Anche se il mio lavoro non è mai strettamente politico, gioca sempre con le convenzioni e sfida i sistemi stabiliti.