OUTERMOST REGION | Intervista ad Anica Huck

25.01.2023

Exploration | Beyond the Borders incontra l'artista Anica Huck, ospite di Curva Pura con il progetto Outermost Region, a cura di Nicoletta Provenzano.

Anica Huck, credits RUFA - Rome University of Fine Arts


Explorations | Beyond the Borders giunge oggi in uno spazio o meta spazio che si spinge oltre ogni confine, una sorta di ultraperiferia o, come afferma l'artista Anica Huck 'OUTERMOST REGION'. Definizione che ha anche dato il titolo alla personale di cui è stata protagonista nella galleria romana Curva Pura e che, con la sapiente curatela di Nicoletta Provenzano, ha accompagnato il pubblico dello spazio ideato da Andrea Romagnoli e Vittorio Beltrami per diverse settimane.

Explorations | Beyond the Borders, a poche ore dalla chiusura della mostra di Curva Pura ha raggiunto Anica Huck, cui ha posto alcuni quesiti.

Buona lettura

Outermost region - Anica Huck


Azzurra Immediato: OUTERMOST REGION è il titolo, enigmatico e misterico, della personale curata da Nicoletta Provenzano per Curva Pura, a Roma. Come è nato il tuo progetto e come si è sviluppato?

Anica Huck: Il progetto nasce in un periodo di transizione caratterizzato da una profonda ricerca di identità. Cambiamenti professionali e personali hanno creato in me il desiderio di trovare un senso del luogo in cui la soggettività, il sentimento o l'identità possono incontrarsi.
L'idea dell'opera è nata proprio durante una visita medica, dove mi sono resa conto che le tecniche di osservazione utilizzate sul corpo umano sono le stesse che ho impiegato io stessa durante la mia carriera professionale nel monitoraggio ambientale. Da lì ho indagato la possibilità di creare una topografia di identità temporanee e instabili, dove memorie, luoghi e non luoghi si uniscono in un unico racconto.

Outermost region - Anica Huck | Curva Pura, Roma| Photo © Giorgio Benni 

A.I.: In cosa consistono, secondo te, i concetti di confine, limite e appartenenza? Ed in che modo un'opera d'arte può definirne le caratteristiche?

A.H.: Penso che la percezione dello spazio sia essenzialmente definita dal corpo. Solitamente consideriamo lo spazio come un intervallo di distanza o di tempo tra due punti, oggetti o eventi; eppure si manifesta attraverso la materialità della nostra stessa corporeità e acquista quindi un significato simbolico, che trasforma lo spazio in luogo, scandendo l'intero spettro dell'identità e del senso di appartenenza.
Credo che dobbiamo sostituire la nostra concezione della terra da unavisione planetaria, definita dalla scienza moderna, ad una visione membranacea, organica, in cui esiste tutta la vita.

A.I.: I linguaggi da te scelti, sperimentati ed utilizzati definiscono una serie di riflessioni e azioni che si riflettono nella materia, nel suo abitare lo spazio reale e nel dialogo intrapreso con le persone che incontrano le tue opere. In che maniera generi tale relazione?

A.H.: Per quanto riguarda il progetto Outermost Region, l'elemento dell'inconscio che modella costantemente le nostre percezioni ed esperienze del mondo è contrastato dai mezzi di produzione della mappa tangibile dell'utero femminile. Durante il processo di realizzazione, ho applicato metodi e tecnologie derivanti dai sistemi informativi geografici.
L'approccio per determinare la condizione delle viscere umane è simile ai metodi di osservazione della terra. Questa totalità di rappresentazione e appropriazione del corpo (terrestre) viene messa in discussione attraverso il video mapping sott'acqua attraverso la sua esperienza ottica non familiare, che consente un'esperienza corporea soggettiva.
Credo che l'arte possa fornire uno spaccato sulla questione delle lacune identitarie e dei luoghi che non ci appartengono e fornire quindi una metafora della condizione delle identità altrui.


Outermost region - Anica Huck | Curva Pura, Roma| Photo © Giorgio Benni 

A.I.: OUTERMOST REGION, negli spazi di Curva Pura, ha portato in scena una peculiare performance. Puoi raccontarne ai lettori che non hanno avuto modo di prender parte all'azione?

A.H.: La performance nello spazio della galleria ha generato un allontanamento dall'affinità e una distanza dall'origine. Più concretamente, ho aperto un blocco di travertino utilizzando antichi attrezzi per la lavorazione del marmo. L'atto molto fisico, eppure tenero, di aprire un blocco di marmo ha sovrascritto il processo di sedimentazione all'interno del materiale e definito il tempo durante la durata della mostra. La tracciatura all'interno della pietra riflette sulla violenza dell'impossibilità della presenza, lasciando solo l'immagine residua di un momento iniziale.

A.I.: Ultraperiferico è, dunque, un luogo dell'immaginario o un non-luogo del mondo fisico?

A.H.: Il titolo gioca con la dimensione (politica) della rivendicazione di proprietà riferita alle Outermost Regions, le regioni definite ultraperiferiche appartenenti all'Unione Europea, ma collocate oltremare e lontano dai limiti continentali. Indicato al singolare nell'opera presentata a Curva Pura, nella totalità delle sue singole unità materiali e tecniche, sottolinea l'importanza dei limiti netti che impediscono ogni forma di appropriazione del corpo umano.
In questo senso, l'ultraperiferico è entrambe le cose, sia luogo immaginale che non-luogo. The Outermost Region si trova al di sotto dell'intero regno temporale infinito, insieme al corpo mentale temporale.

Outermost region - Anica Huck | Curva Pura, Roma| Photo © Giorgio Benni 

A.I.: Mediante luce e ombra hai attraversato dimensioni e profondità differenti; il corpo e la mente come reagiscono e come l'arte può aiutare le persone a percepire ed interpretare il mondo intorno a noi, nel suo mutamento continuo?

A.H.: In considerazione della trasformazione socio-culturale della percezione dello spazio, causata dal pensiero postmoderno della natura e delle nuove tecnologie, che forniscono dati quantificabili nelle discipline umanistiche per lo studio in base al suo luogo, il corpo è diventato un mezzo per esplorare i suoi limiti biofisici e riconfigurare il suo rapporto con l'ambiente.
L'approccio artistico, che combina la mappatura con l'astrazione del diagramma, può creare un sistema ambiguo di nozioni tra la registrazione di qualcosa di unico, lo sconcerto della percezione dello spettatore e l'affrontare immediatamente la sua sensazione corporea.
Perciò credo che l'arte sia essenziale e possa aiutare ad affrontare la confusione, il disorientamento e la solitudine causata dalla difficile situazione delle esperienze di confine (tracciate in un solco umano).

Outermost region - Anica Huck - Performance | Curva Pura, Roma| Photo © Giorgio Benni 

Outermost Region, molto probabilmente, insegna oggi ad osservare, percepire, intendere lo spazio fisico, l'identità corporale che lo abita, la valenza filosofica, sociale, antropologica e politica che ne definisce il legame ma anche la lontananza. Attraverso il medium del corpo l'arte ristabilisce la naturale filiazione di dinamiche ancestrali che sembriamo aver dimenticato e, come sottolinea la curatrice Nicoletta Provenzano nel testo critico che ha accompagnato la mostra 'Corpo, immagine e materia sono territori di frontiere remote, riunite quali arcipelaghi di isole divenute dimensione simbolica sradicata da una unità continentale, insularità minime conformate ed inghiottite dal proprio abisso generativo, porzioni spaziali che segnano soggettività geografiche disorientanti, marcate come luoghi unitari, ma in sé situate al di fuori di un confine, a tratti sbiadito e precario: le regioni ultraperiferiche della personale di Anica Huck interrogano un tracciato melanconico e stratificato, in cui l'eco di profondità corporee sono trascrizioni di memorie, impossibilità ed inesistenza.'

Ecco, dunque, che, ringraziando Anica Huck per aver condiviso con Explorations | Beyond the Borders il suo punto di vista, ciò che resta, al di là della fascinazione, è la necessità - non apparente - di dover ripartire dalla costituzione di nuove ed inesplorate mappature soggettive ma in grado di traghettarci verso l'altro da noi, di poter tornare ad essere luogo condiviso e non più terra isolata priva di radici.
Ricostruire i confini come elemento corale e non più come fenomeno di impossibile coesistenza.  


ANICA HUCK - CENNI AUTIOBIOGRAFICI

Sono nata in Germania orientale nel 1985 e ho sviluppato un interesse precoce per i paesaggi naturali e culturali in evoluzione. La mia ricerca artistica mira a indagare ciò che ci connette con lo spazio e come creiamo costantemente il nostro ambiente come un regno mentale, dove l'incontro è possibile, senza imporre uno stato statico. I miei lavori operano in una tradizione di belle arti che utilizza concettualmente metodi scientifici e fenomeni visivi. Le opere sono spesso transitorie e sottolineano l'esperienza del materiale trasformato, che permette di indagare le basi instabili su cui costruiamo la comprensione del nostro posto nel mondo.

La mia formazione nelle geoscienze e l'esperienza professionale nel settore aerospaziale hanno chiaramente influenzato la mia comprensione del nostro pianeta e delle sue rappresentazioni digitali. Attraverso l'interazione dell'osservatore con il suo ambiente utilizzando tecnologie sensoriali, invito il mio pubblico a pensare in modo diverso ai movimenti e ai cambiamenti di cui siamo testimoni nel nostro ambiente.

Nelle mie opere scultoree, dispongo i materiali quotidiani in configurazioni fenomenologiche. Il dialogo dinamico tra la tridimensionalità degli oggetti e lo spazio che li circonda è stabilito attraverso una riproposizione intuitiva degli oggetti. Questo amalgama sistemi complessi in un momento di esistenza, di presenza tangibile.

Cerco situazioni e luoghi dove l'interazione umana con l'ambiente si incarna in un gesto poetico. Come parte del processo, utilizzo tecniche di disegno e fotografia per descrivere e ricomporre strutture quotidiane su diverse scale temporali e spaziali.

La mia serie di performance è il risultato di un'ulteriore ricerca sul tempo e sulla scultura. Sono dedicate alla memoria come conoscenza incarnata e basate sul mio interesse per il costruzionismo sociale - lo sviluppo di comprensioni del mondo costruite insieme. Mentre la mia pratica artistica riconosce la corrispondenza percettiva con il mondo, che sottolinea l'impossibilità del significato originale e la necessità di creare costantemente il significato attraverso l'esperienza individuale (visiva).

La maggior parte delle mie opere ci permette di riposizionarci rispetto alla sobria qualità dei materiali (naturali). Oltre questo, indago le differenze tra il perfezionismo non umanistico, che sostiene che il mondo naturale è prezioso e avrebbe valore anche se non esistesse nessun essere umano, e le convinzioni perfezioniste che i grandi successi nell'arte e nella scienza hanno valore al di là di qualsiasi effetto che hanno sulle vite umane.

Come parte della mia pratica artistica, perseguo un esame critico delle questioni contemporanee, dalla politica climatica alla digitalizzazione. Anche se il mio lavoro non è mai strettamente politico, gioca sempre con le convenzioni e sfida i sistemi stabiliti.