Stefano Cagol

05.10.2020

edited by Azzurra Immediato

L'oltreconfine scelto da EXPLORATIONS, questa volta, si affaccia su Vienna, interpellando l'artista Stefano Cagol e profittando, in verità, di un suo impercettibile momento di sosta, nel suo continuo spostarsi nel mondo della geografia dell'arte contemporanea. Il suo lavoro ed il suo nome paiono esser giunti ai quattro angoli della Terra ed è proprio quest'ultima ad essere, molto spesso, soggetto principe della sua ricerca, secondo una visione diarchica che prende in considerazione il processo antropocentrico legato al tempo, quello remoto, della genesi e quello epifanico dell'arte, sì come l'hic et nunc che appartiene, per istinto, all'umanità.

Ho scelto di porgli alcune domande, all'indomani del progetto 'THE TIME OF THE FLOOD Beyond the myth through climate change'|'IL TEMPO DEL DILUVIO. Oltre il mito attraverso il cambio climatico',tra i vincitori del bando Italian Council 2019 ed aperto al pubblico lo scorso 16 settembre negli spazi dell'Istituto Italiano di Cultura austriaco, ed in parte concomitante con la performance DIE ZEIT DER FLUT, per Parallel Vienna 2020, in scena il 22 settembre.

Azzurra Immediato: Stefano, come nasce il progetto 'THE TIME OF THE FLOOD Beyond the myth through climate change'|'IL TEMPO DEL DILUVIO. Oltre il mito attraverso il cambio climatico'? Raccontacene la genesi.

Stefano Cagol: Più che una nuova tappa in una ricerca, questo progetto ne è un distillato, parlando di diluvio come summa di tutti gli sconvolgimenti. Dopo sparizione dei ghiacci, innalzamento dei mari, riscaldamento globale, inquinamento, energia, fulmini, vento, influenze - temi affrontati nelle mie opere a partire non solo dall'opera "The Ice Monolith" alla Biennale di Venezia del 2013, ma dall'inizio del mio percorso - il diluvio riassume tutto questo in un'immagine così chiara, definita e condivisa nel sentire collettivo, praticamente fin dalle radici delle culture di tutto il mondo, ma portatrice al tempo stesso di un'idea di sovversione: non è solo acqua o massa che sommerge, bensì sconvolgimento del mondo come lo conosciamo. Ho scelto il diluvio come metafora assoluta del disequilibrio tra noi e quella natura che siamo convinti di dominare, ma sta dando sempre più potenti manifestazioni della propria forza. Un tempo l'essere umano trovava conforto nella sua relazione con il divino rispetto alle soverchie della natura e le manifestazioni apocalittiche della natura venivano fatte risalire alle divinità, ora, in quella che possiamo definire come "l'epoca dell'uomo", il trascendente è annichilito e le interferenze antropogeniche, fuori controllo, stanno rendendo reali fatti mitici. Il fattore temporale poi, in questo progetto, è particolarmente rilevante, visto che, dopo aver la selezione 2019 dell'Italian Council, è iniziato quale ricerca multi sito lo scorso novembre a Berlino, dove ho realizzato una serie di opere come assoli urbani, riuscendo a performare in perfetta solitudine all'interno della città, innescando segnali di allarme, di pericolo, arrivando ad azionare una sirena "analogica" davanti al Reichstag. Ora questo appare ancora più visionario alla luce di quanto avvenuto nei mesi successivi. Noi siamo cambio climatico, noi siamo pandemia, noi siamo diluvio.

Azzurra Immediato: la tua ricerca indaga aspetti, insidie e desiderata dell'universo nella sua dimensione antropica. Per fare ciò, molto spesso, il tuo lavoro è scandito da tappe, anche distanti tra di loro, nelle quali sosti per una riflessione precipua che, altrettanto spesso, si traduce in una performance. Una 'scrittura' la tua tale da generare una geografia artistica peculiare, mediante cui emergono simiglianze e differenze. Cosa racchiude questa tua scelta di aver fatto del viaggio un nodo cardine della tua indagine artistica?

Stefano Cagol: Nel tempo il viaggio è diventato fondamentale nel dare forma a un metodo che ora contraddistingue il mio modo di lavorare. Un embrione è nei diari di viaggio americani online dei primissimi anni Duemila, molto prima dell'apparizione dei blog e dei social, ma il primo progetto basato sul viaggio è stato - non a caso - "Bird flu Vogelgrippe" che dall'epidemia aviaria rifletteva su influenze fisiche e mentali, partendo da Trento per arrivare alla 4a Biennale di Berlino con un van vuoto, marcato da una scritta e accompagnato dal suono di volatili. Concepisco l'arte come previsione nel senso originale di vaticinio, interpretazione di quanto è già sotto i nostri occhi e non riusciamo ancora a vedere, e comunicazione agli altri di questo processo di conoscenza, non senza metterne in discussione le convinzioni.

Azzurra Immediato: il tuo continuo legame con quanto accade extramoenia che visione ti offre di quello che, oggi, accade nel mondo? In che modo l'Arte può ridefinire lo spazio di pensiero in vista di un futuro in parte ignoto, in parte già drammaticamente immaginabile ed in parte, forse, catastroficamente soggetto dell'indifferenza della nostra civiltà?

Stefano Cagol: Una vena apocalittica attraversa indubbiamente il mio punto di vista. L'essere umano è giovanissimo sulla Terra, ma anche eccezionalmente veloce: difficilmente riuscirà a sopravvivere a se stesso. In una delle opere che compongono "Il Tempo del Diluvio" un fossile di trilobite di 500 milioni di anni fa, un essere vivente tra i più antichi, affiancato da un frammento dalla Genesi, pone a confronto il tempo della natura e quello dell'uomo, mettendo in evidenza quanto era molto prima di noi. E - malgrado tutto - ci sarà anche dopo di noi. Se l'arte riesce a confrontarsi con temi enormi e complessi, mettendo in discussione le nostre - comode - convinzioni che tutto sia per sempre come siamo abituati a viverlo, così può influire sull'immaginario collettivo e su quanto sarà.

Azzurra Immediato: 'THE TIME OF THE FLOOD Beyond the myth through climate change'|'IL TEMPO DEL DILUVIO. Oltre il mito attraverso il cambio climatico' è un progetto in cui ti muovi tra emblematiche simbologie e dati reali, secondo i prodromi di una filosofia antropologica di ampia valenza. THE TIME OF THE FLOOD spazia tra luoghi fisici differenti e dimensioni concettuali diverse pur inseguendo una tensione univoca. In che modo sei riuscito ad ideare le varie tappe del progetto?

Stefano Cagol: Nel ricorrere di un'idea di diluvio nell'albore delle culture come fosse insito nel nostro DNA, mi ha attirato il termine ebraico per diluvio utilizzato nella Genesi, לובמ (mabùl), la cui radice rimanda all'idea di confusione, pensando di spingermi in uno dei luoghi all'origine del mito, in Israele. Per riuscire a farlo, il progetto verrà esteso e proseguirà l'anno prossimo (con la Fondazione Italia Israele per la cultura e le arti come partner e la collaborazione di Istituto Italiano di Cultura e CCA Tel Aviv). Ora, invece, mi trovo a Vienna, sulle rive del Danubio, lungo le quali gli studiosi ipotizzano sia risalita la memoria di un "diluvio del Mar Nero", che da alcuni viene posto alla base del mito dello stesso Diluvio Universale. Subito dopo mi sposterò al confine tra Germania e Olanda, sul Mare dei Wadden, un'area di terre umide che richiama la laguna veneziana, rientrata anch'essa tra le tappe del progetto. Come avviene nei miei viaggi, gli sviluppi sono multiformi: a Berlino (dove ero in residenza a Momentum) ho realizzato una serie di performance scaturite in altrettante opere video, nell'area romana, a Manziana, mi sono spinto fin sull'orlo di un precipizio vulcanico, a Vienna presento quanto realizzato fino ad ora in una mostra all'Istituto Italiano di Cultura e faccio una nuova performance urbana, questa volta non in solitaria, ma parte del programma "Interventions" di Parallel Vienna. In questo caso la pianificazione delle tappe è stata modificata dalla pandemia, ma il lavorare in progress fa parte della mia attitudine e l'opportunità di aggiungere step che non avevo immaginato prima è stato molto importante e interessante, aggiungendo valore al progetto. Oltre a proseguire l'anno prossimo, potrebbe stimolare ramificazioni nuove, come avvenuto ad esempio per "The Body of Energy": è difficile prevedere quando ti poni in relazione e in interazione con l'esterno.

Azzurra Immediato: Stefano, un'ultima domanda. Qual è la tua definizione di 'Arte performativa' e cos'è, dunque, per te, la performance?

Stefano Cagol: È un atto sciamanico. La performance innesca un passaggio di dimensione nel suo creare visione, percezione di quanto avviene e sta per avvenire. Apparire e svanire. A Vienna avverrà alle 19.20, nel momento esatto della transizione dalla luce al buio, spesso importante nel mio lavoro.

"Ho scelto il diluvio come metafora assoluta del disequilibrio tra noi e quella natura che siamo convinti di dominare [...] Noi siamo cambio climatico, noi siamo pandemia, noi siamo diluvio." scrive Stefano Cagol, lasciando emergere - come gli elementi di natura - fattori condizionanti il nostro tempo che, al contrario, viviamo obnubilando, nella cieca convinzione d'esser più forti, più astuti. L'Antropocene ha mostrato tutti i suoi limiti e l'arte si pone quale baluardo di una rimodulazione, di una nuova codifica per quanto accade. Tale nuovo codex va cercato, come propone Stefano Cagol, negli abissi di una ancestrale memoria da riscoprire e portare a nuova emersione. È il 'vedere oltre' che importa, è lo sguardo principe dell'artista a proporsi come guida di un percorso ancora da scoprire, altrimenti inenarrabile ed incomprensibile. È attraverso il logos che Stefano Cagol si mette in gioco - quello serio dell'arte - e mediante la techné - intesa come azione di valenza plurima, oggettuale ma anche fisica, performativa - che la sua riflessione giunge nel reale, il medesimo da cui ha preso avvio, pur delineando una immensa e profonda ellissi intellettuale e filosofica. Ed ecco che, nelle forme di una geometria di Natura, quella eterna, ben oltre ed al di là della vita umana, l'artista ha saputo intravvedere l'ignoto, la sua purezza, la sua potenza e raccontare quel sacrale vincolo che unisce ciò che conosciamo e quel che è in nuce , 'visibile' solo attraverso la valenza profetica dell'arte.

L'intera ricerca e l'intera poetica di Stefano Cagol, nativo di Trento e 'abitante delle Alpi e delle Dolomiti' da sempre, reca con sé esperienze che, ad oggi, afferriamo come perturbanti e stranianti afflati di verità, allorquando il suo corpo si muove e agisce nello spazio; portando a compimento azioni di pensiero, Egli diviene metafora e metaforma universali e prima che tutto ci travolga, nello stupirci del suo lavoro, accettiamo di intraprendere un percorso interiore di pensiero e cambiamento.

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In foto: Stefano Cagol, 'THE TIME OF THE FLOOD Beyond the myth through climate change'|'IL TEMPO DEL DILUVIO. Oltre il mito attraverso il cambio climatico', details, courtesy l'artista. 


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